Parrocchia di Magnago

65 anni fa moriva don Francesco Checchi

di Antonio
Don Francesco Checchi il giorno della sua Prima Messa, Gallarate 1° giugno 1899

Parroco a Magnago dal 1913 al 1957

65 anni fa, il 6 agosto 1957, moriva don Francesco Checchi parroco a Magnago per 44 anni.

Ormai solo i magnaghesi più anziani hanno un ricordo ma don Checchi è entrato a far parte della Storia di Magnago, ed è giusto ricordarlo in questa ricorrenza.

Don Francesco Checchi nacque a Gallarate il 24 settembre 1875 da una famiglia di industriali cotonieri, Giacomo Checchi e Giuseppina Prevosti. A 12 anni entra nel Seminario di S. Pietro, a Monza, e poi a Milano. Consacrato sacerdote il 28 maggio 1899, fu inviato ad Arnate, a Giubbiano, e poi a Carnago, dove rimase 12 anni e si fece apprezzare per le sue doti pastorali. Egli sentiva il desiderio di essere lui stesso pastore e guida spirituale di una parrocchia interamente affidata alle sue cure, fu così che si propose per diventare parroco. Fece il suo ingresso a Magnago domenica 1° giugno 1913.

Scrisse sul Cronicon: “causa del Vicario Spirituale, che ambiva essere lui il parroco, fui ricevuto freddamente per non dire ostilmente. Subito però gli animi s’acquetarono e presero ad amarmi”.

Don Francesco arrivava da una famiglia facoltosa, e portò la sua dote; inoltre teneva con sè suo fratello (ul sciùr Lüìs) affetto da deficit cognitivo, e acquisì anche la parte del fratello. Tutto questo lo utilizzò nella sua parrocchia.

Tutto ciò che don Checchi ha fatto per Magnago, credo che ormai lo sappiamo tutti: Chiesa, Campanile, Oratorio, Cooperativa S. Martino, Trebbiatrice, Corpo Musicale, Monumento Caduti, ecc. Quello che forse non tutti sanno è che è stato un vero Benefattore, prodigo e generoso. Bisogna rendere onore a un parroco che nella sua lunga presenza a Magnago ha sempre messo i propri soldi nelle opere fatte per la parrocchia e per il paese, perché Lui sosteneva che “questo paese era la sua casa, e i parrocchiani i suoi figli”.

Vorrei qui ricordare, a Sua memoria, alcune delle opere che sono state realizzate con il suo personale contributo.

Cinque mesi dopo il suo insediamento in parrocchia, il 22 novembre 1913, acquista dal nobile Giuseppe Della Croce, la sua casa padronale con rustici e terreni per il prezzo di 33.000 lire, “acquistai per mio conto, ma iniziai subito le pratiche per la voltura a favore del Beneficio, (Fabbriceria) perché la casa civile servisse da casa parrocchiale…”.

Don Francesco Checchi nel 1949 davanti al dipinto della Madonna da Lui fatto dipingere nel giardino parrocchiale

Cessata la Grande Guerra, nel 1918 si pensò di edificare una Cappella – Monumento a ricordo dei Caduti, preventivo di 12.000 lire. Dai parrocchiani e da alcuni magnaghesi residenti in America si raccolsero 25.000 lire. “Nel 1919 s’iniziarono i lavori certi di coprire le spese, ma il rincaro di ogni cosa fece sospendere i lavori e non si sarebbe potuto riuscire al fine se non avesse supplito la borsa del Parroco”. Nel 1921 la Cappella fu terminata, venne a costare 75.000 lire. Nel 1919 istituisce il Corpo Bandistico “per conto proprio acquistai gli strumenti per il prezzo di 7000 lire (…), dopo tre mesi di studio fa la sua prima comparsa al pubblico nella festa di San Gaetano”. Ai suonatori donò poi, nel 1929, un’elegante divisa a ricordo del suo Trentesimo di Sacerdozio, costo 10.400 lire.

6 luglio 1927: “arrivò l’altare di santa Teresina, (oggi di Sant’Antonio) scolpito in legno a S. Ulrico in Gardena (Ortisei), costo 7250 lire totalmente pagato dal Parroco”.

7 febbraio 1929: “statua in legno di San Giuseppe, scolpita dallo stesso scultore di Ortisei, costo 1500 lire pagato in parte dal Parroco e dai parrocchiani”.

1929: “E’ compiuta l’opera -chiesa e campanile-, si era preventivata una spesa di 245.000 lire invece si spese più di 700.000 lire. Lode ai parrocchiani e lode pure al parroco che da solo coperse per più di metà la spesa”.

1930: “Si acquista da una chiesa demolita di Vicenza l’altare della B. Vergine, costò precise lire 20.000 pagate in diverse rate dal parroco D. Francesco (…) per munificenza del parroco si decorò la cappella con una spesa di lire 18.000 (…).  1930: “Procede l’ultimazione del nuovo oratorio che complessivamente costò al parroco lire 200.000. È di sua proprietà personale, ma si confida che prima che il parroco Checchi abbia a passare all’eternità si provveda come e meglio lasciarlo in proprietà alla Parrocchia”. L’Oratorio, centro di ritrovo per ragazzi e giovani, proponeva teatro e lezioni di musica; aveva un proprio bilancio, registrato sul “Libro Oratorio” e annualmente il bilancio era visionato dal Parroco. Non era raro trovare la scritta: “da me passato alla cassa dell’Oratorio per pareggio lire…”.  Sappiamo quali siano state le Sue capacità morali e spirituali, ma diamo il giusto risalto anche a quelle imprenditoriali. Per la chiesa la ditta costruttrice era di Busto Arsizio; per il campanile, con l’apporto di muratori e operai del paese, il titolare dell’impresa era don Francesco Checchi: di fatto era lui che aveva a libro paga gli operai, che faceva gli ordini e pagava i materiali occorrenti, e che versava i contributi obbligatori alla Cassa Edile. Infatti, sulla ricevuta dei versamenti, nello spazio riservato all’azienda, era scritto: “Ditta Checchi Francesco, Magnago”.  Queste sono alcune delle opere compiute da don Francesco Checchi; non tutte, perché di altre non diceva nulla anche se si sapeva che “aveva messo del suo”. Un esempio: don Francesco Checchi fu nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, con decreto Reale del 21 aprile 1940, con diritto di fregiarsi delle insegne onorifiche; ma Lui non volle mai rendere pubblica la nomina. In archivio c’è la pergamena originale della nomina concessa dal Re Vittorio Emanuele III.