I Talenti e il Desiderio

Nel mese di gennaio abbiamo vissuto la settimana dell’educazione, un’occasione propizia per ritrovare lo slancio educativo confrontandoci come Comunità Educante sulla responsabilità dell’ Annuncio. Ciascuno di noi  infatti, nelle vesti più disparate, è chiamato in prima persona all’educazione dei ragazzi, riacquistando la consapevolezza della propria appartenenza alla Chiesa. Spesso inconsapevolmente gli adulti indirizzano i ragazzi ad assecondare i propri desideri non aiutandoli a scoprire il loro.

A tal proposito desidero condividere un interessante articolo di Alessandro D’ Avenia che riporto di seguito…

Voglio  fermarmi sulle righe ricevute di recente da un tredicenne: ” Ho visto un video in cui si parla di talento. Mi ha fatto riflettere, avevo un’altra idea del talento, pensavo fosse legato al successo e alla fama. La sua spiegazione mi ha dato serenità”. Questo ragazzo è angosciato dalla parola talento, come è accaduto? ll talento (antica unità di peso, molto grande: 34 kg di argento, cioè un’intera vita di lavoro di un operaio) è proverbiale grazie alla parabola del Vangelo di Matteo, in cui Cristo descrive il regno dei cieli, cioè il mondo come Dio lo offre agli uomini. La storia narra di “ un uomo che partendo per un viaggio, chiamò  i servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì” . Il testo dice che i talenti non sono “le capacità” ma ciò che viene dato a ciascuno “secondo la sua capacità”. Se confondiamo i talenti con “le capacità”, la vita diventa un’ ingiusta e spossante competizione. Nella parabola si narra ben altro: che cosa? Il talento è la vita che ciascuno può ricevere in base “alla” capacità, cioè quanto può contenere un recipiente. Questa capacità si chiama desiderio, “a ciascuno la vita è data secondo il suo desiderio” talentuoso non significa quindi “capace” ma “vivace”. Sant’ Agostino ce lo spiega così: “Non potendo ora vedere il paradiso, vostro impegno sia desiderarlo”. Dio con l’attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l’animo e lo rende più capace. Viviamo dunque di desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti, la vita è esercitarsi nel desiderio, cioè ampliare la capacità di ricevere vita che è la definizione migliore di felicità. Al ritorno dal viaggio infatti l’uomo chiede “conto dei talenti”, cioè “racconto della vita”: come ti è andata? Due su tre hanno raddoppiato, la vita è cresciuta in e attorno a loro e infatti la gioia provata è confermata e moltiplicata: ”Sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla mia gioia”. Colui che invece ha sotterrato il talento ha sotterrato la vita e si giustifica così: “Per paura lo andai a nascondere sotterra”. Ha rinunciato a “vivere la vita”e si è “lasciato vivere”: seppellendo il talento ha seppellito se stesso. Un tredicenne, immerso nella cultura della prestazione e dell’autoaffermazione, è giustamente angosciato dalla legge del più forte. Proteggere la salute dei ragazzi oggi è farli esercitare non nel “potere” ma nel desiderio, nel “poter essere”. L’educazione serve a trovare il desiderio che anima ciascuno, per essere “vivo”. Aiutarli a scoprire come ricevere vita (i talenti) è il segreto della Gioia: domandare “che talenti hai?” non è chiedere “che capacità hai?” ma “quanta vita puoi e vuoi creare?”. E ciò dipende da una domanda più radicale: “Qual è il tuo desiderio? Che cosa puoi essere e fare solo tu?” Noi educatori conosciamo il nostro desiderio? E il loro? Li aiutiamo a scoprirlo ed esercitarlo, perché noi per primi lo stiamo facendo? O li addestriamo alla logica sfinente della prestazione e del potere?…