Parrocchia di Magnago

San Michele Arcangelo in Magnago: dalle origini al XVII secolo

di Antonio

Goffredo da Bussero nel 1289, redigendo il suo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, un inventario delle Chiese e degli altari presenti nella Diocesi di Milano, registrava che “in plebe Dairago loco Magniago in Horho” si trovava “l’Ecclesia Sancti Michaelis.

1570 – Decreti di Carlo Borromeo per la chiesa di San Michele

Goffredo da Bussero (1220 – 1289), è stato un Presbitero e Storiografo. Grazie alla sua opera è possibile ricostruire il tessuto religioso e civile del Milanese nel Duecento. Il Liber è una delle opere più interessanti che ci sia pervenuta; infatti, accanto alle vite dei martiri e dei santi, contiene un elenco di tutte le chiese, cappelle e altari della diocesi di Milano, permette di risalire alle più antiche pievanìe e di conoscere l’organizzazione della Diocesi. Il Liber è un documento importantissimo per la datazione degli edifici sacri. L’originale del codice, in esemplare unico, si trova presso la Biblioteca capitolare del Duomo di Milano.

Con questo scritto, pur non fornendo ulteriori notizie, lo storico attesta l’esistenza della chiesa. Alla fine del XIII secolo quasi tutte le chiese della pieve di Dairago erano chiese private, in cui la domenica si celebrava la Messa ed era distribuita l’Eucaristia.

Solo più tardi le chiese, che potevano permettersi di mantenerlo, ottennero di avere un proprio prete che risiedesse stabilmente vicino alla chiesa, il cosiddetto rector, in altre parole colui che reggeva (o amministrava) la chiesa. 

In Notitia Cleri Mediolanensis, documento del 1398, la chiesa di San Michele, “Capella S.Michaelis de Magnago”, era annoverata tra le chiese della pieve di Dairago.

Il 18 agosto 1455, il prete Francesco Della Croce risultava essere parroco della chiesa di San Michele di Magnago, ed aveva in beneficio dei terreni e la decima di Bienate. Il documento conferma che esisteva una chiesa di San Michele, il cui rettore era un Della Croce, appartenente a quella nobile famiglia che ebbe una rilevante influenza nella storia di Magnago e della sua parrocchia.

Non si sa quale fosse l’aspetto della parrocchiale in quel tempo, di sicuro doveva essere molto piccola, appena adatta ai bisogni della popolazione, che a metà del 1500 era di circa 250 abitanti. Una testimonianza di come fosse la chiesa a quel tempo la fornisce San Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale. Nell’archivio parrocchiale si trova un documento originale riguardante la visita fatta dal Cardinale di Milano Carlo Borromeo il 14 aprile 1570, il quale dopo aver visitato la chiesa ed i suoi beni, il 9 giugno, fra le altre “Ordinationi della chiesa parochiale di San Michele luogo di Magnagho pieve di Dairagho”, ordinava di fare il Battistero di marmo honorevole, di fare il lavatorio in sacristia per li sacerdoti, di soffittare la chiesa e ridipingerla di nuovo.

A quel tempo era parroco di Magnago Benedetto Croce, il quale non abitava nella casa parrocchiale preferendo abitare in famiglia, trascurando la chiesa e la casa parrocchiale.

Il Cardinale Borromeo rimproverò il parroco con queste parole: “Si condanna il curato nella metà dei frutti da spendare ogn’anno in adempire le ordinationi della visita, et l’istrutioni circa essa chiesa. Et questo in pena di no haver sino ad hora obbedito alle ordinationi delle visite passate et no haver abitato, et restaurato detta casa, et mal tenuto la chiesa. Si faccino li sequestri de tutti li frutti di questa parochiale. Si ritiri del tutto ad habitare nella casa della chiesa fra un mese, sotto pena di 70 scudi d’applicarsi à luoghi pij”.

1580 circa – Chiesa di S. Michele Arcangelo di Magnago.
Lunghezza 32 cubiti e 6 once, larghezza 14 cubiti (metri 13×6 circa).

Nel 1576 il Cardinale Borromeo impose a tutti i parroci della pieve di Dairago di inviare una piantina delle parrocchiali e delle chiese minori di loro competenza, con una descrizione delle loro caratteristiche.

Entro il 1580 anche il parroco di Magnago si adeguò alla richiesta. Dalla piantina si nota che il cimitero, com’era usanza fin dai tempi più antichi, si trovava davanti e sul lato destro della chiesa, mentre sul lato sinistro si trovava la casa parrocchiale con la corte del parochiano.

L’altare era posto ad oriente, nel rispetto delle norme: “la parte posteriore della cappella sia verso levante”. La chiesa aveva il battistero: segno che la chiesa di San Michele era una chiesa matrice. L’ubicazione della chiesa, per quanto riguarda la facciata e il sagrato, non è cambiata nel corso dei secoli, il cimitero si trovava sotto l’attuale piazza Pio IX.

Nell’anno 1618 prese possesso della parrocchia Giò Batta Ferrario. In un libro, conservato nell’archivio parrocchiale, sono annotati i lavori fatti per migliorare l’aspetto della chiesa e dell’abitazione del parroco; il parroco Ferrario risistemò la casa canonica e la chiesa, dopo che le aveva trovate in un grave stato d’incuria e degrado.

Nel 1672 Ambrogio Ferrario, subentrato allo zio Giò Batta Ferrario, ci dà una descrizione della chiesa, senza fornire misure. Il parroco Angelo Curione, nel 1689, ci riferisce che: “Questa chiesa parrocchiale è di struttura antica, è di una sola nave (navata), di lunghezza 28 braccia, larghezza 11, altezza 10”.

Quello che invece riportano entrambi gli atti del 1672 e del 1689, è che la chiesa “è di antica fattura”. Inoltre il documento del 1689 dice che “il tempo della sua fondazione non si sa per la di lei antichità”. (1- continua)