Vivere la pace: la storia di Takashi Paolo Nagai

di Ileana

È il 1° maggio 1951: Takashi, scienziato e scrittore giapponese, muore di leucemia a soli 43 anni, dicendo di attendere la morte con la gioia nel cuore perché «so bene quanto Dio sia buono e bello e con quanta tenerezza Egli si prenda cura di me». Era nato a Matsue nel 1908: il padre medico e la madre, avevano educato i cinque figli alla pietà filiale, alla lealtà e al coraggio. Dopo il liceo Takashi si trasferisce a Nagasaki per studiare Medicina e nel suo cuore si fa strada l’ateismo: «Nei miei anni di liceo ero stato attirato dal materialismo. Quando cominciai a studiare medicina, mi lasciai convincere che l’uomo non è altro che materia». A 22 anni accorre al capezzale della madre morente: «quell’ultimo sguardo di mia madre cambiò completamente la mia visione materialista della vita: i suoi occhi mi dicevano infallibilmente che l’anima sarebbe rimasta anche dopo la morte». Si apre nel suo cuore una grande inquietudine. Si dà alla lettura dei Pensieri di Pascal, scienziato e uomo di fede, e lo colpisce l’affermazione che la grandezza della ragione sta nell’ammettere che tantissime cose la superano. Takashi è sempre più attirato dalla fede dei cristiani e chiede di essere ospitato come studente dalla famiglia Moriyama a Urakami, quartiere a nord di Nagasaki, dove tutto il popolo conduce una vita umile e piena di pace. Scopre con ammirazione il lavoro delle suore nelle scuole e negli asili, vede sui volti dei cristiani una speranza e una letizia che lui non ha. Da loro conosce la storia di Nagasaki e del cristianesimo in Giappone, dalla predicazione di Francesco Saverio al martirio di Paolo MiKi e dei suoi compagni: cadono i suoi pregiudizi.

Nel 1932 Takashi si laurea in Medicina. Fa festa con gli amici, ma rincasa ubriaco sotto la pioggia e sviluppa un’otite che si complica in una grave meningite. Sopravvive ma la sordità di un orecchio non gli permette di lavorare in medicina interna. «Per la prima volta nella mia vita sperimentai che le ambizioni e i sogni di gloria si possono disperdere nel nulla come un miraggio fugace che non ha consistenza».

Accetta di lavorare in radiologia. Sa che molti radiologi muoiono a causa della mancanza di protezione dai raggi ma decide di dedicare tutto sé stesso a questa nuova scienza.

La famiglia che lo ospita lo invita a partecipare alla messa di Natale. La vigilia cena con i coniugi Moriyama e c’è anche la figlia Midori. Takashi accetta l’invito e durante la messa fa esperienza di una felicità mai provata. I due si conoscono sempre di più e la preghiera di Midori per la conversione di Takashi inizia a diventare un’umile e concreta compagnia, fino al battesimo di lui, che prende il nome di Paolo, e alla decisione di sposarsi. È il 1934. Midori si occupa della casa e dei due figli, confeziona abiti, cura l’orto, dà lezioni di economia domestica alle donne di Urakami, e accompagna con la preghiera Takashi, spesso assente per il lavoro e poi per la guerra in Manciuria.

Nel 1940 il Giappone entra nella Seconda Guerra Mondiale.

Takashi si consuma senza risparmio, lavora e fa ricerca: nel giugno 1945 gli viene diagnosticata la leucemia, ma Midori gli è vicina e lo conforta: «Sia che viviamo, sia che moriamo, è per la gloria di Dio!».

Il 6 agosto 1945 viene sganciata la bomba atomica su Hiroshima. I due figli sono in montagna dalla nonna. Il 9 agosto alle 11:02 Takashi si trova nel bunker della radiologia quando sente il terribile boato: una bomba colossale è esplosa sul centro di Urakami. Ferito alla tempia, vede dalla finestra la terra denudata, scomparse fabbriche, case, chiesa, tutto è divorato dalle fiamme. Uomini e donne, spellati vivi, si trascinano fino all’ospedale invocando aiuto ma l’ospedale brucia e quasi tutti i medici sono morti. Ferito, coordina i pochi colleghi sopravvissuti. Urakami non esiste più. Sono morti all’istante 40.000 abitanti e altrettanti nei giorni successivi. Takashi ritrova Midori carbonizzata, solo il suo rosario è intatto. «Vogliamo credere che la chiesa di Urakami sia stata scelta non come vittima ma come agnello puro per essere immolato e bruciato sull’altare del sacrificio ad espiazione di tutti i peccati commessi dall’umanità nella II Guerra Mondiale». Paolo Takashi steso su un tatami, prega, scrive libri e diventa famoso per la sua capacità di infondere pace e speranza al suo popolo e al mondo intero: «Non potevo sopportare una vita senza senso! Avevo perso tutto ma stavo entrando in una nuova vita, nella ricerca di ciò che mai avrei potuto perdere». Vive in povertà, con le forze che diminuiscono sempre di più.

«A cominciare da oggi, dobbiamo fare una sincera autoriflessione e offrire un nuovo sacrificio, il sacrificio del cambiamento di noi stessi, ciascuno per sé. Dobbiamo iniziare un vero movimento per la pace, nella giustizia, nella pazienza e nell’amore, con umiltà e con determinazione» Il suo ultimo pensiero è per i figli: «Il cammino di un orfano è doloroso… essere poveri di spirito e puri di cuore non procurerà loro forse molti soldi ma darà loro qualcosa di molto più prezioso: la pace del cuore. Io ora sono felice e prego che i miei due ragazzi possano raggiungere questo cuore. Che la gloria di Dio sia manifesta! È questo il mio primo desiderio. Spero che i miei due figli non se ne dimentichino mai. Realizzare questo desiderio è la felicità perfetta»

Don Angelo Comastri racconta la vita di Paolo Takashi Nagai

Le campane di Nagasaki