Il Natale diverso dei bimbi poveri

di Simonetta

«Al diavolo questo felice Natale! Che cos’è Natale per te se non il momento di pagare i conti mentre non hai un quattrino; un momento in cui ti ritrovi di un anno più vecchio ma neanche di un’ora più ricco» disse Scrooge sdegnato…

A Christmas Carol

Il Babbo Natale dei bimbi poveri è particolare: lavora di riciclo, non legge le letterine. Aver fatto il bravo non è un incentivo ad essere accontentato.

Per far felice un bambino basta la sorpresa: non è così. Il Natale dei bambini poveri avrà sempre un sapore diverso. Manca lo stupore negli occhi, la gioia che si sprigiona dallo sguardo nello stringere tra le mani il regalo tanto atteso. Quello chiesto, sognato, esaudito e scartato sotto l’albero. Il Natale dei poveri a volte è un educato accontentarsi: nel pacco regalo non ci sarà di sicuro la bambola vista in tv, ma un peluche ancora in buono stato preparato e confezionato dalle impagabili mani di un volontario. La bicicletta usata (lucidata, adornata di fiocchi per l’occasione) non ha niente di somigliante al modello da cross, cavalcata al parco da quel bambino, un po’ invidiato, che si è esibito in salti ed evoluzioni. La delusione a volte è più forte di ogni riconoscenza. Ma dura poco più di un attimo, si sono dovuti abituare.

I sogni hanno un’inaspettata capacità di adattamento alla realtà in chi dalla vita ha ricevuto poco. Del resto ci sono a mala pena i soldi per mangiare, figurarsi per i regali di Natale. Quindi dopo l’iniziale delusione, rifiorisce sul viso di chi riceve il sorriso, che ripaga più di ogni altra cosa chi dona. Immediato nella mente si insinua il paragone: vien da pensare alle file di fronte alle casse dei megastore di giocattoli. Il confronto è amaro, ma inevitabile. Due galassie lontane anni luce.

I regali di Natale sono un simbolo della condizione dei minori in stato di povertà. Quella imposta, triste, subita, prodotta dall’indifferenza di chi nella vita non si accontenta di avere soltanto il giusto necessario.

La povertà è da valutare in maniera globale. Non si misura soltanto in termini di disponibilità economica, ma anche come privazione nell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare capacità, talenti e aspirazioni. È necessario quindi combattere la povertà in qualsiasi forma si manifesti. Gli effetti si spingono oltre le privazioni materiali, diventano deficit sociale con migliaia di ragazzi esclusi dallo sport, dalla cultura, dalla possibilità di invitare un amico a casa, dalla sola idea di cambiare un futuro che sembra già scritto.

“Per conquistare un futuro bisogna prima sognarlo”, scrive Marge Piercy (scrittrice statunitense). Ma per molti bambini sognare è un lusso, c’è solo da vivere il presente, il quotidiano, giorno per giorno.