Kantamanto Market: l’invasione dei rifiuti tessili in Africa

di Simonetta

Siamo le onde, siamo le onde di un mare grande, di un mare grande
Siamo le stelle, siamo le stelle sopra le Ande
Siamo le bande, sopra le Ande

Elisa e Jovanotti

Al mercato di Kantamanto, ad Accra capitale del Ghana, arrivano ogni settimana circa 15 milioni di capi di abbigliamento di seconda mano scartati dai Paesi occidentali.  È uno dei maggiori mercati di abiti usati al mondo (circa sette ettari nel centro della città), fornisce circa 5.000 negozi che danno lavoro a 30.000 persone. Ciò che resta invenduto della “Fast Fashion” (moda veloce) e non può essere reinserito nel mercato viene recapitato qui. Le persone indossano vestiti per due settimane e poi li gettano! I rifiuti non finiscono in America, o in Europa. Arrivano a Kantamanto.

I camion arrivano nella capitale e scaricano balle di tessuti e indumenti di seconda mano. Il commercio prese piede nel paese negli anni ’60, quando si iniziò ad importare vestiti a basso costo considerati di alta qualità e ancora in buono stato e si propagò di pari passo con la moda di indossare abiti all’occidentale.

Il business dei “vestiti usati” crea decine di migliaia di posti di lavoro. Ma produce anche enormi problemi di inquinamento, perché difficilmente riescono ad essere totalmente riciclati o riutilizzati.

Le balle vengono acquistate dai commercianti del mercato che, partecipando all’asta dedicata, sperano di trovare filati di qualità come cotone, lino, lana, per fare operazione di recupero e riciclo: pulire, sconfezionare, tingere tutto ciò che possono per dargli nuova vita.

Purtroppo la quantità di vestiti sprecati è enorme; la qualità del materiale è scarsa, in quanto nelle balle viene rinvenuta anche tanta spazzatura.

Si stima che il 40 per cento di tutto l’abbigliamento inviato in Ghana finisca nelle discariche.

Un cumulo di vestiti che sembrano macerie fumanti: è questa l’altra faccia del fast fashion. Come se non bastasse, l’ossessione dell’Occidente per il consumo di indumenti progettati per essere scartati dopo uno o due utilizzi sta creando inquinamento sulle spiagge. Quando piove, si creano enormi ragnatele di tessuto aggrovigliato che i locali chiamano “tentacoli nella sabbia”. Gli scarti dei nostri armadi che gettiamo ad ogni cambio di stagione continuano quindi ad essere in Africa una fonte di inquinamento e di sfruttamento.