La faticosa arte del dono di sé

di Simonetta

…puro pane spezzato, che sazia la fame altrui, come Gesù

mons. Cantoni

Lo chiamavano il prete degli ultimi. E non solo tra gli ‘ultimi’ il suo ricordo resterà indelebile. Don Roberto Malgesini, una vita al fianco dei più bisognosi. È stato accoltellato a morte la mattina del 15 settembre 2020 a Como, in piazza San Rocco. Chi ha messo fine alla sua vita era un uomo che don Roberto conosceva bene: una delle numerose persone in difficoltà che lui sosteneva nelle necessità quotidiane.

Uomo di preghiera e di azione, il suo stile era l’accoglienza e il servizio verso tutti. Originario di Morbegno, cresce con i fratelli frequentando oratorio e squadra di basket. Molto ferrato nel ”far di conto“, si diploma in ragioneria: pensando forse di poter essere utile in futuro nell’officina di famiglia. Per tre anni lavora in banca, ma lentamente si fa strada la consapevolezza che quella non poteva essere la sua vita. Il desiderio di dedicarla a qualcosa di molto più grande matura nell’estate del ’91. Al ritorno da un campo estivo, dove si prodigava come volontario, decide di entrare in seminario. Questa decisione fa trovare in don Roberto il suo posto nel mondo. Dopo alcuni anni come vicario parrocchiale a Gravedona, nell’alto Lario poi a Lipomo, viene trasferito a Como nella chiesa di San Rocco. Proprio qui don Roberto trova il suo personale modo per servire Gesù: camminare con chi sta ai margini e ormai ha perso la dignità di persona, condividere con i senzatetto le giornate in strada, non lasciarli soli, nemmeno quando finiscono in ospedale o in carcere. Infatti era solito aiutare nel servizio il cappellano del carcere Bassone di Como durante le visite ai reclusi. Il carcere, dove le speranze dei detenuti rischiano di spegnersi, don Roberto donava quel sorriso così sereno, non ostentato ma sincero. Perché per lui fare quello che faceva era non un obbligo ma la sua vocazione, era la gioia per quell’ultimo.

Era conosciuto anche all’Ospedale S. Anna: accompagnava personalmente i senzatetto che erano restii a farsi curare. Chi viveva in strada aveva in don Roberto una presenza discreta e amorevole: conosceva gli occhi e i nomi di tutte quelle persone dimenticate a cui lui aveva sempre tempo da dedicare. 

«Il suo stare in strada era simile a Gesù che, dopo la Resurrezione, incontra i discepoli sula via di Emmaus: compare dal nulla e si accosta a loro quasi in punta di piedi, fa scomparire la tristezza nei loro cuori e poi, come scrive l’evangelista Luca “sparì dalla loro vista”», don Bartesaghi, compagno di seminario.

Il seme che muore porta frutto. Dal giorno della sua morte un gruppo di persone continua, in silenzio, l’opera di carità di don Roberto mantenendo aperta quella che era la sua casa a San Rocco. Lì come in tanti luoghi di servizio della città la sua assenza si è trasformata in presenza costante e stimolo a donarsi.

«Storie di relazioni, di scambi, di gioie e dolori condivisi che ci ricordano che non esistono separazioni e divisioni. Non esiste il benefattore e il bisognoso di aiuto, Esistono solo fraternità, cura e l’affetto reciproco» don Roberto.