Uno scorcio poetico

di Enrica, Federica, Mara e Silvia

Giosuè Carducci – San Martino

La nebbia agl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

Questa poesia è molto conosciuta. Generazioni di fanciulli, fino ad almeno gli anni ’70, si sono esercitate a imparare la poesia a memoria, fantasticando su antichi borghi, profumo di mosto e paesaggi autunnali. Il componimento di Carducci ha un suo indubbio fascino. Vi si celebra non solo la maturazione del mosto, ma vi si ritrae al contempo un momento particolare dell’anno, l’arrivo dell’autunno in tutto il suo splendore, con il suo ricco carico di colori, profumi, suoni e sensazioni. Ecco allora la nebbia, il mare che rumoreggia, il ribollire del vino nei tini con il suo odore asprigno, lo scoppiettio dello spiedo sul fuoco. La poesia è una descrizione vivida dell’autunno, e, come si è detto, coinvolge tutti i nostri sensi, per trascinarci nell’atmosfera fredda e festosa di un borgo italiano dell’800. Ma l’autunno è anche la stagione della malinconia, dei ricordi ed infine il poeta paragona gli uccelli neri che migrano, ai brutti pensieri che si allontanano.

Giovanni Pascoli – Novembre

Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate
fredda, dei morti.

Anche in questo caso, ritornano protagonisti San Martino e un’altra tradizione popolare, la cosiddetta “Estate di San Martino”, quell’insieme di pochi, brevi, giorni, in cui il clima si rasserena e si scalda, in coincidenza con la commemorazione del Santo del mantello. Nella prima strofa, il calore dell’aria ci porta a pensare che sia primavera, a cercare le piante in fiore, ma è autunno, tutto è morto o sta morendo, e la primavera è solo un ricordo di qualcosa che non c’è più. In questo silenzio stralunato, in questa atmosfera da sogno, la sola cosa che si sente è il cadere delle foglie. Novembre per Pascoli non è il mese del mosto, ma la commemorazione di un’altra festività, quella dei morti, le persone care che una volta c’erano ed ora fisicamente non ci sono più ma le sentiamo vicine.

Due poesie simili eppure tanto diverse, “San Martino” e “Novembre”, ma che, unite, ricompongono perfettamente, l’immagine completa dell’autunno: periodo dei primi freddi e di caldi colori e profumi, ma anche momento prezioso in cui meditare e ricordare chi ci ha accompagnato nella nostra vita.