“Ti salverò da ogni malinconia perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te io si, che avrò cura di te”
Cantava così Franco Battiato in una delle sue canzoni più conosciute, dove la cura rappresenta una dichiarazione d’intenti nei riguardi dell’essere umano. Alla tensione verso l’Amato, “La Cura” aggiunge il desiderio di fargli del bene, di proteggerlo di prendersene cura appunto.
Cosa si può desiderare maggiormente quando si ama, del preservare quel qualcuno da tutto ciò che per lui può essere un male?
La parola Cura mi incuriosisce, perché presuppone un’azione, è come se mi spingesse a muovermi, a fare qualcosa per l’altro, questa curiosità accende in me il desiderio di approfondire, di capire e subito mi viene in aiuto uno dei racconti più belli che il Vangelo di Luca ci regala, la parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37).
Un dottore della legge dopo aver interrogato Gesù sul comandamento dell’amore, si spinge oltre domandando: ”Chi è il mio prossimo?” Porsi questa domanda significa che ciò che mi interessa è sapere chi sono obbligato ad Amare e chi invece no. Gesù, stimolato dalla domanda racconta la parabola che la capovolge, alla fine infatti si è costretti a non guardare fuori di noi ma dentro di noi, non cercando di capire chi possa essere il mio prossimo ma piuttosto se io sono capace di farmi prossimo degli altri.
La prossimità non è definita dall’appartenenza ma dal bisogno ed il prossimo è il bisognoso chiunque esso sia. Il contadino sa bene che non basta seminare per raccogliere, nella vita infatti si raccoglie ciò di cui ci si prende cura. La fede è adulta perché non si ferma in superficie alle questioni, ma va a fondo, si interroga, vuole conoscere e sapere. Molti sono convinti che la fede sia conoscere una serie di preghiere e di nozioni su Gesù, sia ricordare delle formule magari imparate a memoria negli anni del catechismo, il seme della fede è stato seminato in loro attraverso l’educazione cristiana ma non se ne sono presi cura nella vita.
A volte ci capita di vivere le relazioni superficialmente, crediamo sia importante relazionarci con gli altri, essere Comunità, vivere il dialogo e l’amicizia, ma poi siamo troppo ricurvi su noi stessi, le persone entrano nella nostra vita come meteore e scompaiono così come un giorno vi sono entrate.
Seminiamo sul buon terreno degli incontri, dei colloqui, delle amicizie, ma poi non sappiamo dare continuità e costanza nel tempo e ci perdiamo.
Prendersi cura significa avere pazienza, comprensione, profondità ed empatia, significa soprattutto affrontare i problemi in profondità, perché spesso le paure nascono dalle diffidenze, dai pregiudizi e dalle dimenticanze, ossia dal non ricordare che talvolta, anche noi ci siamo trovati nella medesima situazione e, magari, ne siamo usciti perché qualcuno si è preso cura di noi.
Se siamo consapevoli di questo, non perdiamo altro tempo riprendiamo a prenderci cura degli altri, e se ci sembra di percepire che qualcuno ha bisogno di noi, non esitiamo a fare il primo passo offrendo il nostro aiuto in maniera generosa, disinteressata e concreta…