Il ministro Nordio ricorda Rosario Livatino
La mostra ‘Sub tutela Dei. Il giudice Rosario Livatino’ è stata esposta in questi mesi in vari luoghi, tra cui i Tribunali di Milano, di Roma, di Padova, il Senato della Repubblica, per raccontare la vicenda del magistrato ucciso dalla mafia nel 1990 a 38 anni e proclamato beato per martirium fidei il 9 maggio 2021.
Al Palazzo di Giustizia di Padova, Carlo Nordio, Ministro della Giustizia, ha presentato la figura del beato con passione e coinvolgimento personale. Ha sottolineato come Livatino abbia fatto molto più del suo dovere: “Qui siamo su un piano superiore. Perché Livatino al momento della morte non ha soltanto accettato il suo destino di servitore dello Stato, ma ha perdonato i suoi nemici. Questo è il salto che distingue l’adempimento del proprio dovere dalla santità. Personalmente non credo che sarei riuscito in quel momento a fare altrettanto. Ammetto che sia una scelta che solo alcune persone superiori possono adottare”.
Ha poi continuato: “Dov’è la giustizia divina? Dov’era la giustizia divina nel momento in cui quest’uomo onesto veniva ucciso? Questa domanda ha percorso il Vecchio Testamento: Giobbe viene annichilito da tutta una serie di disgrazie, nonostante le quali continua a credere nel Signore, nella giustizia del Signore. Però il problema rimane: perché l’ingiustizia in questo mondo? Perché Livatino si comporta bene e alla fine viene annientato dai criminali, senza che si affermi la giustizia divina? Perché quando un fatto è fatto neanche il Papa lo può togliere: Livatino è morto. E allora dov’è la giustizia?”.
Nordio ha continuato: “Qoelet, re di Gerusalemme, ha visto affermarsi l’ingiustizia, ha visto il giusto punito e l’ingiusto premiato. Perché? La risposta si trova soltanto nel Nuovo Testamento. Il fatto stesso che lo stesso Creatore del mondo si sia immolato su questa terra per redimere i peccati altrui riconcilia la massima delle ingiustizie con la massima delle espiazioni. Perché se addirittura il Creatore del mondo si mette alla pari del reo che viene punito allora significa che, per quanti Auschwitz abbiamo potuto vedere e, ahimè, ne vediamo, l’ingiustizia di questo mondo che esisteva ed esiste è stata a suo tempo riparata dal sacrificio del Creatore del mondo: redenzione che va al di là di qualsiasi forma di peccato. E questa era la visione di Livatino martire che perdona quelli che lo stanno assassinando”.
Tra i frutti della santità di Livatino, la testimonianza di Salvatore Calafato, uno dei mandanti dell’omicidio del magistrato: “Non so se sia giusto da parte mia chiedere perdono ma iniziare a farlo è forse un primo passo che potrebbe condurmi alla ricerca del vero senso del gesto sperando di ricevere la tua tutela”.
Ed io?