Vivere il Perdono
Ad un saggio venne chiesto: “Cos’è la rabbia?”.
Rispose: “La rabbia è una punizione che diamo a noi stessi per l’errore di qualcun altro. Se tu sapessi ciò che la tua rabbia ti sta facendo, fuggiresti da lei come dal peggior veleno. Vuoi essere felice un istante? Vendicati! Vuoi essere felice sempre? Perdona!
Perdona gli altri non perché meritano il tuo perdono, ma perché tu meriti la pace”. Potrebbe essere la parafrasi della risposta del Vangelo alla logica di “occhio per occhio, dente per dente”. Nella storia della Giurisprudenza la “legge del taglione” è però il primo traguardo dell’evoluzione dei diritti umani: dal giustizialismo “mi hai rubato una pecora, ti uccido”, con la norma “occhio per occhio, dente per dente” si introduce il principio di proporzionalità tra colpa e pena. Di fatto è una conquista della giustizia equa. Gesù da rivoluzionario alza l’asticella spostando l’accento dall’oggetto al soggetto: per porgere l’altra guancia devi metterci la tua faccia, devi implicare te stesso, disinnescando il cosa è successo con il come voglio stare io. “Occhio per occhio e dente per dente” porta solo ad avere un sacco di gente cieca e senza denti. Quel suo “ma io vi dico” esige un guizzo, un salto in alto. Dice un detto ebraico: “il legno (resinoso) di sandalo sa profumare anche l’ascia che lo abbatte”.
Perdonare non è far finta di niente, non è condonare, non è giustificare deglutendo alibi, non è dimenticare. Perdonare è cicatrizzare il dolore e accettare la rabbia. È permetterti di sentire che non solo è male, ma ti fa male. Le cicatrici delle ferite non andranno mai via. Le vedrai. Il passato insegna al presente come comportarsi in futuro. Porgere l’altra guancia è poi imparare l’arte della critica. Ogni salto in alto, verso l’alto, è un salto verso l’altro. Consiste nel dire con schiettezza cosa c’è di sbagliato, ma nello stesso tempo capire come poter andare avanti tu.
Non si offre, quindi, solo l’acidità della diagnosi, ma anche e soprattutto, la positività della terapia. È la capacità di correggere senza far sentire l’altro sbagliato. Si colpisce l’errore, si comprende l’errante. Si distingue la cosa sbagliata dalla persona che sbaglia. Porgere l’altra guancia per noi spesso invece sottintende: “Ti sia chiaro che di guancia ne ho una sola! Vedi di stendermi al primo colpo, perché poi tocca a me!”.