San Daniele Comboni e i Comboniani

di Lucio e Lorenza

Idealmente, gli faremo una serie di domande per conoscerlo.

Da dove vieni? Vengo da una località, a circa due chilometri dal centro di Limone sul Garda, chiamata Tesöl, diminutivo di «tesa», letteralmente «luogo dove si tendono le reti per gli uccelli». Qui ho trascorso la mia fanciullezza e ho cominciato a preparare le reti che avrei teso verso altri orizzonti.

Quando sei nato? Venni alla luce il 15 marzo 1831. Con papà Luigi e mamma Nina legatissimi a me, il quarto di otto figli, morti quasi tutti in tenera età, formavamo una famiglia unita, ricca di fede e valori umani. Vivevamo occupati nei vari lavori propri dei contadini, radicati nella confidenza in Dio e nella sua Provvidenza. Nonostante la distanza di due chilometri dalla chiesa parrocchiale, ero assiduo al catechismo, al canto del vespro e al servizio della messa come chierichetto. Posso dirti che ho cominciato l’attività missionaria proprio a Limone, tra la gente della mia parrocchia, come catechista, predicatore delle missioni al popolo e altri ministeri sacerdotali.

Quando è nato il desiderio per l’Africa? Provenendo da una situazione familiare disagevole, sarebbe stato logico e non mi sarebbe stato difficile tentare con i miei parenti la scalata al benessere economico e al successo sociale. Ma l’ambiente che respiravo in casa e la formazione che andavo ricevendo all’Istituto Mazza, mi hanno spinto a sviluppare le mie capacità umane e spirituali in altra direzione, aprendomi cioè alla vocazione missionaria in favore dell’Africa Centrale. Sono consapevole quindi di essere una evidente realizzazione della Parola di Dio, quando dice che per Lui niente è impossibile, così che quando decide di intervenire e trova un cuore disponibile avvengono nella storia cose nuove e grandi. La mia dedicazione totale alla causa della rigenerazione dell’Africa Centrale è nata nel “deserto” della mia anima.

Ecco i centri vitali da cui provengo: vengo dalla certezza della mia vocazione, vengo dal deserto, vengo dalla mia interiorità, dove abita un forte sentimento di Dio, vengo dal Cuore di Cristo, vengo dal deserto della Nigrizia e dalla solidarietà con essa, vengo dalla comunione con la Trinità, vengo dalla Chiesa, “mia signora e madre”, vengo dall’incontro con la Vergine Maria. Infine, vengo da Dio e da tutto ciò che ho ricevuto da Lui in dono per la mia pienezza umana e la realizzazione della missione a cui mi chiama. Tuttavia, il desiderio più vivo che ho nel cuore e che voglio trasmettere anche a te, è che la mia stessa vita nella sua totalità sia una parola che parli di Dio, una parola che nasca dal mio tu per tu con Lui!

“Se avessi mille vite, le donerei tutte per la missione”. Così scriveva nelle sue lettere Daniele Comboni, grande missionario e Apostolo dell’Africa, la cui memoria liturgica ricorre il 10 ottobre.

Ecco, in sintesi, il percorso della vita di San Daniele Comboni.

Quando è nato, ce lo ha detto lui nell’intervista. Non aveva che 18 anni quando volle impegnarsi con giuramento sacro ai piedi dell’istituto Mazza a consacrarsi per tutta la vita alla missione nell’Africa Centrale.

Nel 1857 partecipò alla seconda spedizione mazziana che non evitò la catastrofe della prima. Comboni rimpatriò due anni dopo, a stento sopravvissuto all’assalto delle febbri tropicali, ma il suo cuore restò conquistato per sempre dalla Nigrizia. Così, mentre le tragiche vicende della missione (morirono in quegli anni 46 missionari sotto i cinquant’anni) determinarono la sua sospensione, Comboni si impegnò, fino al 1864, nel piano Mazza che raccoglieva dall’Africa ed educava in Italia giovani che poi sarebbero tornati ad evangelizzare la loro terra. Il problema, però, rimaneva insoluto: perché se in Africa l’europeo moriva, non risultava certo idoneo al ministero apostolico l’africano che era stato sradicato dal suo contesto ed educato in un’altra cultura.

Come impiantare dunque la Chiesa locale? La risposta venne come un’ispirazione dall’Alto mentre il Comboni pregava sulla tomba di san Pietro. Da questa illuminazione nacque quel piano per la rigenerazione dell’Africa mediante sé stessa che costituì la norma d’azione e il segno profetico della sua consacrazione missionaria. In esso la rinascita della missione centro-africana venne prospettata con una programmazione graduale che toccava tutta l’Africa, valorizzando al massimo l’elemento indigeno.

Presentata al Concilio vaticano I, la missione fu affidata al Comboni prima come provicario e poi nel 1877 come vicario apostolico con dignità episcopale. A servizio della missione aveva fondato l’Istituto Missionario per la Nigrizia a cui affiancò nel 1872 quello delle Pie Madri della Nigrizia. Nella convinzione che l’opera dell’evangelizzazione sia compito primario di tutta la Chiesa, Comboni viaggiò infaticabile attraverso l’Europa con puntate anche in Polonia e Russia per suscitare e animare l’impegno missionario, pur riponendo, da uomo di Dio qual era, nella preghiera il primo fondamentale valore e la forza e la speranza del suo apostolato.

Morì a Khartum (Sudan) il 10 ottobre 1881, con il nome della Nigrizia sulle labbra. Proclamato santo da Giovanni Paolo II il 5 ottobre 2003.