È tempo di… Resilienza

Un aiuto a vivere questo tempo dalla Comunità Pastorale di Appiano

Una parola inflazionata è “resilienza”. Il senso tecnico di assorbire colpi, di recupero, di elasticità, ha in realtà origine marinare e indica la capacità di risalire su una barca rovesciata. Gesù che dorme mentre è in barca sul lago di Tiberiade non suggerisce un menefreghismo rassegnato, ma l’equilibrio realista della tranquilla consapevolezza di chi conosce il mare, se stesso, la barca, i compagni e riconosce l’infinito sia sopra nel cielo che sotto negli abissi. Quando il mare della vita è calmo, è facile sguazzarci, pescare soddisfatti e contemplarne la bellezza. Quando emergono scogli inaspettati tra maree in collera. Quando il vento è avverso e le tempeste emotive fanno paura. Quando imbarcazioni più possenti sono in rotta di collisione, non importa quanto si è lontani dalla riva di partenza o vicini al porto di arrivo, ma conta la consapevolezza per non affogare in balia di correnti avverse o venti contrari.

Non puoi disinnescare le onde, non puoi cambiare il meteo, ma hai il potere di decidere come affrontare la complessità.

L’equilibrio realista della tranquilla consapevolezza di Gesù

Viene dall’avere talmente ben chiaro il tragitto da saper modificare la rotta in base agli imprevisti, calcolando però le riserve di forze, di carburante e di viveri, perché quando il vento cambia, devo cambiare qualcosa anche io. Viene dal capire quando bisogna gettare l’ancora e fermarsi accettando gli sballottamenti finché passano le intemperie. Viene dall’abilità di tenere il timone della vita in modo leggero, flessibile paziente. Viene dalla consapevolezza che non si può imbarcare tutto, altrimenti si affonda per il peso della troppa zavorra. Viene infine dal capire chi e come sono le persone con me.

Le relazioni non sono solo scuola di bordo, ma laboratorio di prova della direzione delle mie intenzioni.

Gli apostoli chiedono a Gesù: ma ti interessa davvero di noi?

Se credo nella meta, tutti saranno compagni di viaggio, preziosi alleati che mi completano, a cui essere grato, in una parità che si fa comprensione e condivisione. Se invece faccio di me stesso il punto di partenza e la meta, gli altri saranno sempre e solo mozzi che mi devono obbedire, salvagenti che devono affogare per tenere a galla me, accessori del mio viaggio, delle mie condizioni o esigenze: devono farmi star bene, devono capirmi, devono venire da me. E quello che faccio io è tutta e solo preziosa concessione.

Forse avrebbero da chiedermi: ma ti interessa davvero di noi? E così io mi illuderò di essere un grande navigatore, ma non farò altro che galleggiare, girando attorno ad una boa. L’equilibrio realista della tranquilla consapevolezza di Gesù ci riconsegna oggi ad un mare incerto. Con la coscienza di un orizzonte infinito che mi interpella attraverso sia i compagni di avventura, sia le avversità; con la coscienza che è inutile lottare contro le onde emotive, ciò che serve è la resilienza, la prontezza di risalire a bordo; con la coscienza di mettere in discussione la rotta, tenendo ferma la meta e flessibile il timone; con la coscienza che “il pessimista si lamenta del vento, l’ottimista aspetta che cambi, ma il realista, come Gesù, aggiusta le vele” (William Arthur Ward).