“Evangelii gaudium”: cosa ne penso?

di Don Alessandro

Al termine della presentazione del Capitolo I offro qualche riflessione personale e qualche interrogativo che, spero, possa sollecitare la riflessione e lo scambio con qualche lettore attento.

Prima domanda: se “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”, quale testimonianza di questo incontro sto/stiamo dando oggi nel contesto concreto (famiglia, comunità pastorale, vita sociale…) nel quale viviamo? Se Papa Francesco ci chiede che la gioia sia la “nuova tappa evangelizzatrice”  della Chiesa, sto/stiamo vivendo la gioia della fede che è prima testimonianza dell’incontro con Gesù vivo?

Seconda domanda: se  è urgente che ogni cristiano si ponga “in constante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” , quale conversione devo/dobbiamo attuare perché questo atteggiamento missionario si realizzi?

Non sono domande facili, ma nemmeno il contesto contemporaneo lo è! Mi ha sempre affascinato una immagine che descrive la vita della fede nella concretezza della comunità cristiana: la comunità dei discepoli del Signore deve custodire il fuoco acceso della Presenza viva e reale di Gesù ed offrire una “soglia bassa” per permettere a tutti di accostarsi a tale luce e calore, senza mettere dogane, frontiere o tasse particolari per chi si affaccia e Lo riconosce come luce e come fuoco d’amore. Mi domando, e vi domando, se la nostra esperienza assomiglia all’immagine qui descritta.

Ecco la mia risposta, in attesa delle vostre. Credo che dovremmo avere più coraggio nell’aprire il cerchio intorno al fuoco acceso di Gesù, senza avere paura che si spenga (garantisce il Signore stesso che non viene meno!); e poi credo che dovremmo metterci ancor più seriamente in ascolto del mondo e della realtà senza avere la pretesa di dire subito qualcosa perché, come dice bene un canto, “parlate con la vita e non con le parole: chi vede il vostro amore da solo capirà!”.

Aspetto fiducioso le vostre riflessioni che potete inviare a: lavela@cpilcenacolo.it

Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. (…) Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37)” (EG 49).