Contemplando la Croce

Una delle particolarità della Quaresima ambrosiana sono i venerdì aliturgici: non si celebra la Messa e non si distribuisce la comunione ai fedeli.

L’origine di questa tradizione è incerta, ma la Chiesa ambrosiana l’ha custodita e la osserva ancora oggi, per sottolineare il significato spirituale del Tempo di Quaresima. Questa assenza costringe a riflettere sulla morte di Gesù e sul suo supremo gesto d’amore in croce.

Nei venerdì di Quaresima si pone quindi nelle chiese una croce di legno semplice, con il sudario bianco. È d’uso praticare il pio esercizio della Via Crucis per ripercorrere le tappe dolorose della salita al Calvario del nostro Salvatore e meditare sulla sua passione.

Una delle più antiche immagini della Crocifissione giunte fino a noi è il Graffito di Alessameno, eseguito tra il I e il III secolo (alcuni lo datano 85 d.C.); ritrovato nel 1857 negli scavi del Paedagogium del Palazzo Domiziano sul Palatino a Roma, un “collegio” per la formazione dei paggi imperiali.

Raffigura un uomo con la testa d’asino sulla croce con vicino un altro uomo e la scritta «Alexamenos sebete theon», cioè «Alexamenos adora il suo dio». E’ un graffito blasfemo in quanto l’autore si prende gioco di un cristiano, Alexamenos, che prega un dio con testa asinina. È un riferimento ai cristiani perché gli ebrei/cristiani erano accusati di adorare una divinità con testa di asino.

Don Alessandro mi ha suggerito il libro «L’Idiozia. Debolezza di Dio e salvezza dell’uomo» del gesuita Silvano Fausti. Ecco alcuni brani.

«Un Dio crocifisso ci salva innanzi tutto da dio. Dal dio tremendo che risponde alla violenza con la violenza, che ha a disposizione tutto e tutto, ma non è disponibile a niente e per nessuno, capace di salvare se stesso e dannare gli altri. Noi immaginiamo un dio che realizza le nostre brame di avere, di potere e di apparire: è la proiezione dei nostri desideri distruttivi. […] La croce invece mostra un Dio – l’unico vero Dio, del quale non c’è altra immagine adeguata, perché è per noi la più blasfema! – che si mette nelle mani di tutti e serve tutti in mitezza e umiltà, un Dio che dona tutto, anche la propria vita a noi che gliela togliamo!».

La croce «ci presenta un Dio ferito, debole e vulnerabile di tutto il nostro male, che ci guarisce dalle cattive fantasie di un dio potente e antagonista dell’uomo che le religioni e gli ateismi in vario modo suppongono. […] Ci mostra un re crocifisso – tanto libero da saper dare tutto, anche se stesso – che ci guarisce dai deliri di possedere e distruggere tutto».

Ed è così che la Croce da segno di scherno è diventato simbolo dell’Amore che ci salva.

Del Re il vessillo sfolgora,
la Croce appare in gloria,
ove il Creator degli uomini
è appeso a un patibolo.
(dall’Inno della Passione del venerdì di Pasqua)