Gesù e la Samaritana: il dono dell’acqua della vita

Signore, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete

Nella seconda domenica di Quaresima nel rito ambrosiano si ricorda l’incontro di Gesù con la Samaritana, descritto nel Vangelo di Giovanni 4, 5-42.

Gesù è seduto presso il Pozzo di Giacobbe che era una ricca fonte utilizzata anche come abbeveratoio per gli animali. Nella Genesi (16,14) viene spiegato che si tratta del pozzo di Lacai-Roì, cioè «il pozzo del vivente che mi vede».

L’acqua è il simbolo della vita: Dio dà agli eletti l’acqua salutare e Dio stesso è la «fonte di acqua viva» (Ger 17,13), la sorgente della salvezza. In questo episodio quindi si contrappone l’acqua del Pozzo di Giacobbe che rappresenta la Legge ebraica alla sorgente alimentata dalla vera dottrina di Cristo, fonte di vita, in cui i credenti sono salvati: l’acqua viva del Battesimo.

Nelle icone quindi il pozzo viene raffigurato come vasca battesimale: tondo oppure cruciforme, ottagonale o esagonale.

I giudei non avevano rapporti con i samaritani: Gesù e la Samaritana sono divisi per motivi culturali e religiosi e un uomo, soprattutto un Rabbì, non poteva conversare con una donna. Invece questa disparità si capovolge perché è Gesù che chiede aiuto alla Samaritana: invece di disprezzarla, si fa mendicante presso di lei, dandole importanza. Durante il dialogo inizia a chiamarlo Signore: lei, una donna non giudea, riconosce il Messia, diventa testimone ed evangelizzatrice.

Questo episodio dimostrava ai primi cristiani la volontà di Cristo di rivolgersi a tutti: chiunque poteva diventare cristiano, da qualsiasi religione provenisse. È per questo che l’immagine di quest’incontro è presente nelle pitture cimiteriali, nelle sculture funerarie e nei mosaici dei primi secoli, anche se non è molto diffusa.

Nelle immagini più antiche Gesù è per lo più in piedi, in quelle successive è prevalentemente seduto. Ha sempre la mano alzata nel gesto dell’oratore. La Samaritana si trova in piedi all’altro lato del pozzo, tiene la brocca o l’anfora oppure è intenta ad attingere l’acqua. Si trovano nella catacomba della Via Latina, su un sarcofago al museo di Narbonne,  sulla cattedra di Massimiano, in S. Apollinare Nuovo a Ravenna e altre su avori e pissidi. Successive sono quelle nella chiesa di S. Angelo in Formis (XI sec.) e nel duomo di Monreale (XII-XIII sec.)

L’immagine d’esempio è una miniatura di un manoscritto (XI sec.) del Monastero di Dionisio, Monte Athos (Grecia). La mano della Samaritana è alzata e rivolta a quella di Gesù seduto su un masso: significa che stanno dialogando; l’altra mano regge la corda legata all’anfora per poterla calare nel pozzo che si trova tra di loro.  Intorno ci sono i discepoli che osservano: quello più vicino a Gesù è Pietro.

Signore, fonte di acqua viva,
guariscimi e guarirò,
salvami e sarò salvato. (cfr. Ger 17, 13-14)