Lo scorso 21 maggio abbiamo vissuto un incontro dei Consigli Affari Economici delle due parrocchie e del Consiglio Pastorale unitario con don Paolo Boccaccia, responsabile dell’ufficio parrocchie della Diocesi di Milano. L’incontro verteva sulle prospettive che la Diocesi di Milano sta indicando alle varie comunità per avviare un lavoro di lettura e di confronto sull’utilizzo pastorale delle strutture materiali delle parrocchie cercando di immaginarci come sarà la realtà fra dieci anni.
La riflessione che la Diocesi ci invita a fare, parte dal dato di fatto molto evidente che la realtà pastorale e sociale in cui viviamo sta mutando molto velocemente.
I dati più rilevanti di questo cambiamento sono:
- Calo delle nascite con conseguente diminuzione dei bambini e ragazzi che frequentano i nostri ambienti.
- Invecchiamento delle comunità, con la necessità sempre maggiore di servizi per le persone anziane ed in particolare di quelle non più auto sufficienti.
- A livello ecclesiale si nota un forte calo della partecipazione e della pratica religiosa soprattutto nelle famiglie giovani.
- Diminuzione dei preti e dei laici impegnati.
Altro dato rilevante da tenere presente in questa lettura e nel lavoro di discernimento a cui siamo chiamati è la presenza di molte strutture (Chiese, oratori, case parrocchiali, cinema, scuola materna… ) che spesso risultano vuoti o inagibili e che necessitano di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria molto onerosi.
Anche la nostra Comunità Pastorale è quindi invitata a prendere sul serio l’invito della Diocesi e avviare un serio processo di discernimento per poter consegnare ai nostri figli una realtà più idonea e funzionale ai fini dell’agire pastorale. Nel prossimo anno pastorale avremo modo di avviare questo lavoro di discernimento comunitario. Spero che possa essere colto da tutti come un’occasione preziosa in cui mettersi in ascolto dell’azione dello Spirito.
Concludo con le parole del Card. Martini pronunciate oltre 15 anni fa ma ancora oggi molto attuali:
«Occorre educare alla sobrietà e all’essenzialità. Alcune parrocchie lo fanno, mentre altre programmano opere faraoniche e insistono per ottenere tutti i permessi, anche dalla Curia, per riuscire a superare le difficoltà. Credo che debba intervenire il buon senso, il giudizio che dice: questo è veramente necessario, quello no. Ciò vale soprattutto nel caso delle unità (Comunità) pastorali. Quando parrocchie piccolissime sono già in unità pastorale o la saranno presto, non ha senso moltiplicare per ogni parrocchia lo stesso edificio, rinnovare in maniera suntuosa ogni oratorio, dal momento che poi le parrocchie, essendo piccole, non potranno reggersi da sole. È una decisione non facile, che richiede coraggio, saggezza amministrativa, richiede uno sguardo rivolto al futuro, per non essere gravati da edifici che non serviranno più perché troppo grandi. Educare alla sobrietà e all’essenzialità significa educare alla povertà evangelica. Le parrocchie, ovviamente, hanno diritto di avere edifici belli, puliti, ben tenuti, non però lussuosi o sovrabbondanti rispetto alle reali necessità (anzi qualche volta occorre poi cercare chi li potrebbe affittare utilizzandoli per altri usi, perché non servono per la vita della parrocchia)».