Ul Cumpatrònu da Magnågu
Quest’anno ricorrono i 310 anni dalla “benedizione”(consacrazione) della Chiesa dedicata al nostro Compatrono San Gaetano, avvenuta nel 1714 ad opera del Cardinale di Milano Giuseppe Pozzobonelli. In questa ricorrenza ho voluto ricordare una delle feste più sentite della nostra Parrocchia, scritta nella “nostra” lingua: il dialetto, la lingua dei nostri nonni, che “ai témpi indré” era “La” lingua, perché l’Italiano si parlava solo a scuola o in poche altre occasioni. Coloro che hanno i capelli bianchi sicuramente leggeranno bene il testo, i più giovani avranno bisogno della traduzione dei nonni. Nei tempi passati questa era “La Festa” dei nostri nonni. Si lavorava tutti nei campi, non c’erano auto, non si andava in ferie e, al 7 agosto, San Gaetano, c’era questa Festa, che si replicava la Seconda domenica di agosto. Ricordo che anche da fuori paese arrivava “popolo forestiero” fin da Galliate, un tempo con il carro trainato dal cavallo, in seguito in corriera. Ora i tempi sono cambiati, e così ho pensato di raccontare come si svolgeva la Festa, con la lingua di allora.
«La fèsta da San Gaetàn, ul sèti da ùstu, una ölta l’éa una festa granda. I tri sìr prima dala Fèsta, in dala Géšéta sa féa un Tridùu cun ul Sàntu Rušàri, una Prédica e una Adurazióun, e ga andéa una móta da génti. Ul dì dala Fèsta, a la matìna, sa vistìum pulìdu, dala fèsta, e andéum a Mésa, inséma al på e la måma. Ghéa tanta génti, che sa sétéan cun i cadréghi föra dala Géša, parché déntar ga stéan nu tüti, e sa laséa andà déntar i püsé vigi. Dópu la Mésa ul Cürådu al féa la Bénédizióun cun la Réliquia, e pö s’andéa tüti in Géša a bašåla. A mišdì sa mangéa dala fèsta: a ghéa la cårni, sa mangéa i mundaghìn, la gaìna rustìi, che l’ültima ölta l’éum mangiå a Påsqua e la prósima la mangiaróm a Natål!!
A la basùra s’andéa tüti ala Géšéta da San Gaetàn; a léa cumé una prucésióun, parché ga andéa tütu ul paéš ai Véspar. Arivå, ghèa tüta la via pìna da bancarèi che ai vindéan tüscós: caramèi, turóun, giugåtul, züquar filå, gélåti.
Fóra dala porta dala Géša ghéa un tàurèin, indué dó dón ai vindéan: santìti, médaiéti ricórdu, imaginéti cun la Préghiéra da San Gaetàn da dì in Géša. I médaiéti, tanti ölti ai fiö gha a tachéan süla maiéta sóta i vistii, a la sinìstra, püsé viséin al cör. Süi fuiéti dala Préghiéra a ghéa scrìtu: “Santuario di San Gaetano”.
Arivå ul Cürådu, sa dišéa ul Véspar e i Litanìi, dópu s’andéa tüti in fìra, in Géša, a bašå la Relìquia dul Sàntu. In dala Géšéta, sui mür a ghéa tacå sü: quadrìti, bastóun, stampèi, laså da chi tåi che gan utégnü üna gråzia.
La génti léa tanta, e dópu sa farméan föra par ciciarå cun i vìgi, che in paéš sa vedàn pócu ma in chésta fèsta sa féan cumpagnå in Géša.
I fiö, finìi la fuzióun, sa mitéan a giügå a cùrås adré in di piån, parché la Géša una ölta l’èa föra dul paéš, parché San Gaetàn l’éa ul Prutétùr di racólti, e la Géša l’éa girå vèrsu i campågn».
Il Dialetto è una forma d’espressione obsoleta da consegnare al passato? Niente affatto. Il Dialetto è l’impronta indelebile delle radici di un popolo. Da custodire e tramandare.
San Gaetano è il Compatrono della parrocchia di Magnago; nella chiesa parrocchiale, in una delle due cupole è raffigurato nella “Gloria di San Gaetano”, e al Santo è intitolata la IV campana posta sul campanile della chiesa Parrocchiale.
In alcuni documenti d’inizio ’900, la parrocchia veniva definita “dei Santi Michele e Gaetano”.
La chiesetta dedicata a San Gaetano è sempre stata molto frequentata dai magnaghesi, ed i sentimenti di profonda devozione e di fervore religioso che ispiravano i nostri antenati nella ricerca di consolazione e protezione in una esistenza segnata da antiche sofferenze, li portavano a pregare con fede il Santo per ottenere guarigioni, e così anche l’Oratorio di San Gaetano è diventato il piccolo Santuario locale ove coloro che chiedevano grazie vi trovavano conforto. Le mura di questa chiesa hanno accolto per molti anni diversi quadretti dipinti, sui quali erano riprodotti aspetti della vita della nostra comunità. Nel dipinto in genere veniva rappresentata la situazione che aveva reso necessaria la richiesta di aiuto al Santo Protettore: un infortunio sul lavoro, una persona malata, un uomo aggredito dai briganti. Di questi quadri ne è rimasto uno solo, molto deteriorato, in sacrestia. Esistevano anche, appesi sulla parete di fianco al grande dipinto raffigurante San Gaetano, ex voto, bastoni, stampelle, lasciati da coloro che avevano ottenuto una grazia. Nel corso degli anni la raccolta degli ex voto è andata perduta, e di questa grande testimonianza di fede non rimane che il ricordo di qualche persona anziana. Un Santuario è, nel senso comunemente attribuito a questo termine, un luogo dove siano venerate Reliquie, oppure dove la tradizione locale vuole si sia verificato un fatto miracoloso.
L’interno della chiesa si presentava oscuro, con le pareti ricoperte di pittura a tempera violacea sotto la quale, qua e là, si intravedevano dei riquadri, dei disegni sbiaditi che nascondevano le decorazioni floreali e quelle geometriche delle colonne. Nel 2005, iniziò il lavoro di recupero delle pitture. I lavori di ripulitura durarono un anno, e riportarono alla luce le pitture originali che nessuno, neppure i più anziani ricordava.
Le decorazioni originali risalgono al 1793, come riporta una scritta autografa dell’autore rinvenuta sulla controfacciata: “dipinto l’8 agosto 1793 da Ferdinando Cogliati”.
«Non si deve dimenticare tuttavia che molti luoghi di culto, spesso umili – chiesette nelle città o nelle campagne – svolgono, in ambito locale, una funzione simile a quella dei Santuari.
Anch’essi fanno parte della Fede e della pietà del popolo di Dio, di una comunità che dimora in un determinato territorio e che, nella Fede, è in cammino verso la Gerusalemme celeste».
(Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Città del Vaticano, 2002.)