La Temperanza: arbitra degli istinti

“La ricerca di questo delicato punto di equilibrio risiede nella capacità che la persona umana ha di guidare e governare, con la sua volontà e con la ragione la sfera istintuale, sensoriale e passionale. Essa ha il compito di modificare, regolare, organizzare, moderare e orientare il variegato sistema dei nostri istinti: «Non valutatevi più di quanto è conveniente valutarvi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione…Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi» (Paolo ai Romani). Il verbo ripetuto dall’Apostolo rimanda appunto al vocabolo greco sofrosýne («temperanza»). Sotto il manto di questa virtù, dal nome forse in disuso, si nascondono molte altre qualità umane e spirituali necessarie perché si attui in pienezza la dignità genuina della persona, in particolare del cristiano: «Voi tutti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte e delle tenebre. Non dormiamo, dunque, come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte e quelli che si ubriacano sono ubriachi di notte. Noi invece che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza» (Paolo ai Romani)” (Card. G. Ravasi).

La temperanza non nega le passioni o il piacere di fare determinate cose, ma è quella virtù che aiuta a moderare, a temperare e ad affinare un arco molto largo di comportamenti, appartenenti a quelle sfere di pulsioni, a quelle facoltà dell’anima definite concupiscibili e irascibili. Coltivare una virtù comporta sicuramente sacrificio e fatica, equipaggiarsi di saggezza, ma attraccati al porto sicuro del Padre, all’ancora della speranza di Gesù e al braciere della carità di Maria possiamo imparare a cedere meno alla cultura del consumismo, a spogliarci del superfluo, a liberarci del falso senso di appagamento che ci spinge a cercare sempre di più, rendendoci schiavi fondamentalmente dell’insoddisfazione ovvero del sentirsi sazi, ma deboli.

La temperanza è una disciplina metodologica di educazione al dono di sé, nell’amore. L’esempio di don Bosco è paradigmatico. È un educatore che ama e sa “farsi amare” praticando la temperanza e la sobrietà. Da Gesù stesso ci viene proposta una temperanza che è sobrietà aperta alla solidarietà; una temperanza che è apertura concreta verso il prossimo; un Cristo povero che ci arricchisce con la sua povertà, che ci permette di liberare in noi l’amore, l’attenzione all’altro, ai poveri in particolare (Papa Francesco).

Un altro esempio di temperanza è l’atteggiamento di Maria Goretti. Affabilità, generosità e purezza di cuore caratterizzavano l’indole della piccola Maria. A turbare la sua pace spirituale fu il momento in cui divenne oggetto delle morbose attenzioni del diciottenne A. Serenelli, da lei respinto ogni volta con l’invito a non offendere Dio, fino alla morte violenta, per custodire la sua castità. Rinuncia, silenzio, per la sua famiglia; perdono e preghiera per il suo carnefice, fede salda verso Dio.

IN CONCLUSIONE, HO TEMPERANZA:
SE CON LA VOLONTÀ MODERO IL PIACERE PER CERCARE IL BENE;
SE CON L’UMILTÀ MODERO IL PIACERE DI POTERE E SUCCESSO;
SE MI ASTENGO DALLE PASSIONI CHE FANNO MALE.

E noi come possiamo equipaggiarci per controllare istinti e passioni? Don Maurizio Mirilli, spesso ospite nei programmi di Tv 2000 in un discorso sulle virtù rilascia qualche suggerimento. Anziché farsi travolgere in senso assoluto da una passione, anche positiva, canalizziamola non solo al criterio del “mi piace e lo faccio” ma anche a quello del “ fa bene e lo faccio “. Il criterio del bene è il confine per non essere schiavi delle passioni: domandarsi “Ciò che sto facendo lo faccio solo perché mi piace o fa del bene a me e agli altri?” significa perseguire il bene, usare coscientemente la ragione e la libertà, essere lucidi e governare la volontà. Farsi quella domanda significa “Temperarsi”, proprio come il temperino fa alle matite: rinunciare a un pezzettino di se stessi, smussare gli spigoli del proprio carattere, soprattutto lasciarsi “temperare” da Gesù che dice “… seguimi, prendi la tua croce, rinnega (un po’ di) te stesso …” E’ super difficile! Un desiderio, generalmente, abbiamo lo scopo di realizzarlo; se per far ciò avessimo bisogno di attendere che si sistemino altre situazioni; se per far ciò avessimo bisogno di aspettare, se la realizzazione di quell’obiettivo cozzasse col bene; se costasse molta fatica e pazienza o costasse rinuncia o mandar giù così detti “bocconi amari” cosa decideremmo di fare? Fare tacere il desiderio, farlo aspettare o attivarci a tutti i costi perché si concretizzi? Qui potremmo chiedere soccorso alla virtù della temperanza. Sappiamo tutti che il mondo è governato dal criterio dei “like”, dalla risposta immediata “mi piace”, dalla risposta disinteressata al fatto che se ciò che si esprime travolge negativamente altre persone, non è importante. Si dovrebbe invece proporre ai social di rispondere “mi piace perché quella scelta corrisponde al bene”. Soprattutto i giovani, che non vedono primariamente alla soglia delle loro case la temperanza, sono da riportare a credere al bene; riportarli a far prevalere il criterio del bene su quello del piacere come criterio per discernere; riportarli ad aver fiducia che chi realizza il bene realizzerà anche il piacere perché vivere nel bene è bello e piacevole e chi realizza il bene “rischia “ anche di raggiungere la tanto agognata felicità; riportarli a vedere attraente il bene, in quanto è ciò che in verità li farebbe sentire liberi.

Papa Francesco ci illumina insegnandoci che “La Temperanza è la prima e la principale tra le virtù moderatrici, che girano come satelliti intorno ad essa: la continenza contro le tendenze della lussuria; l’umiltà contro le tendenze della superbia, contro le troppe invadenze del proprio IO o contro una smodata sete di potere e successo; la mansuetudine contro gli scatti dell’ira; la clemenzacontro le inclinazioni alla vendetta; la modestia contro la vanità dell’esibizione del corpo; la sobrietàe l’astinenza contro gli eccessi della bevanda e del cibo; l’economiae la semplicitàcontro la libertà dello sperpero e del lusso; l’austerità nel tenore di vita contro le tentazioni del “comodismo”. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione”, ci ricorda Papa Francesco.

“Ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà (che non è miseria, bensì un valore, “temperare” il desiderio sfrenato di possesso di cose).