Categoria: Testimoni e parole della fede

Le virtù: l’ascesa su un sentiero d’altura

La lente di ingrandimento dei notiziari è puntata spesso sugli adolescenti e sui giovani. Talvolta per riportarne un successo che li riveste di un’aurea lucente straordinaria e mostra tutto il buon ossigeno della migliore gioventù; più spesso per tracciare l’analisi di un’educazione troppo ricca di privilegi che cresce ragazze e ragazzi fragilissimi con le ali implose, in fuga dalla realtà e da giusti e veri esempi e punti di riferimento. E’ facile stigmatizzare con un giudizio o un pregiudizio un/a giovane che disorientato/a fatica a trovare la risposta alla domanda “Cosa voglio davvero?” e cammina o corre sulla strada del vizio perché è più divertente. Ma il percorso che ci ha lasciato Gesù è chiaro: “Amatevi gli uni gli altri”: ognuno deve imparare ad accogliere le caratteristiche dell’altro anche quelle meno affini al nostro consenso e deve accogliere soprattutto chi ha bisogno di aiuto. L’amore inarrestabile di Dio che ha riversato su di noi nel suo figlio unigenito Gesù, rigenera; per amore Gesù, ha rigenerato, consolando, guarendo, provvedendo, correggendo, privo di qualsiasi implicazione morale sociopolitica culturale o religiosa. Allora condannare o perseverare, anche con fatica, nel dialogo continuo con i piccoli e con i giovani? Ogni famiglia desidera proiettare e riconoscere sul volto del figlio o della figlia un’ identità solida non quella di un fantasma. Tutti siamo sempre alla ricerca sia delle parole che ci aiutano a far stare bene noi stessi e chi abbiamo accanto come pace, bellezza, grazia, meraviglia, gioia, sia di una fonte dalla quale potrebbero sgorgare. A tal proposito mi sono fatta ispirare dal contenuto di una intervista al Cardinale Gianfranco Ravasi, esperto Biblista e Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, sul tema dei vizi e delle virtù. Dal suo discorso ne ho tratto dei punti salienti. Il Cardinale, dai Libri Sapienziali della Bibbia, presenta la virtù come un’ascesa su un sentiero d’altura, in cui ci si deve spellare le ginocchia per raggiungere la meta. Necessaria la grazia di Dio che strattona da eventuali deviazioni, perché la vita è un oscillare lento tra virtù e vizio e viceversa. Afferma che ogni essere umano è di fronte a due strade; è proprio ad un crocevia e con la medesima realtà può avviarsi sul sentiero glorioso o su quello della deformazione della virtù, ovvero del vizio; è più facile scivolare nel vizio perché più attraente e dall’appagamento immediato, ma è altrettanto possibile scivolare nella virtù con il coraggio del “Calicanto”, il fiore profumatissimo dell’inverno che sfida il freddo, sboccia d’inverno e simboleggia ostinazione e forza nelle avversità. Invita infine a sostare un momento al crocevia per prestare attenzione a quel cartello con incisa la parola Libertà., perché è sempre la propria libertà che decide quale strada e direzione assumere. L”atto del discernimento è sempre complicato; aprire un dialogo coi giovani appare sempre più complesso, ma non impossibile, le parole del Cardinale mi sono giunte come un suggerimento: raccontare le virtù per provare a scoprirne la loro “attrattività”, spogliandole dalla pedanteria che spesso ad esse si attribuisce. Sulle prossime pagine della Vela riporterò dei racconti semplici che, prima per me stessa, possano avvicinare, grandi, giovani e piccoli, all’approfondimento e alla riflessione sul tema delle virtù, come se fossero una “soglia”, più che uno spazio, una attitudine ad entrare per vedere.


San Giacomo, il “figlio del tuono” che fa camminare l’Europa

Giacomo era un apostolo: ha assistito alla Trasfigurazione; è stato testimone della notte al Getsemani. La sua vita cambia radicalmente quando accoglie l’invito di Gesù a diventare “pescatore di uomini”. «Riassettava le reti, ma subito, lasciò barca e padre e seguì Gesù». Di carattere impetuoso, lui e suo fratello Giovanni, sono chiamati da Gesù stesso, “figli del tuono”.

La loro madre chiese a Gesù di donare ai suoi figli “posti speciali” nel suo regno, perché Giacomo e Giovanni erano “pronti a bere il calice che Egli berrà”, cioè pronti a tutto per Lui. Gesù spiegò loro che lui avrebbe dato la vita per riscattare quella di tutta l’umanità, ma solo il Padre Suo avrebbe collocato le anime nel regno dei cieli. Dopo la Pentecoste, Giacomo fu uno dei più zelanti predicatori del Vangelo tanto da spingersi fino in Spagna. Qui lasciò un’impronta tale che anche molti secoli dopo, era universalmente invocato e più di una volta fu veduto un guerriero celeste su di un cavallo bianco, in aiuto dei fedeli. La fede nella sua protezione è uno stimolo nelle prove più dure.

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Carlo Acutis – La sua esistenza piena di amici e in amicizia con Dio

Il fulcro della spiritualità di Carlo era l’incontro quotidiano con il Signore nell’Eucarestia, che per lui era “Gesù realmente presente nel mondo, come quando i discepoli potevano vederlo in carne ed ossa, camminare con Lui per le strade di Gerusalemme”. Carlo diceva spesso “l’Eucaristia è la mia autostrada verso il Cielo” e ancora: “Si va dritti in Paradiso se ci si accosta tutti i giorni all’Eucaristia”. Notava che ognuno avrebbe dovuto sforzarsi di più per comprendere fino in fondo il valore della Santa Messa come partecipazione ai frutti del Sacrificio celebrato. Alimentava quotidianamente la sua fede con la preghiera e la partecipazione alla vita liturgica e sacramentale, in modo riservato e senza vanto. Rimanere con Gesù, nell’Ostia Santa, significava non pregiudicare la propria salvezza eterna e ricambiare il Divino Viandante che ha promesso di restare tutti i giorni con noi fino alla fine dl mondo. Il suo Sole era anche Maria. L’appuntamento “galante” della giornata era quello con la recita del Rosario. Come i pastorelli di Fatima, offrì sempre piccoli sacrifici per coloro che non amano Gesù. Ha sempre ringraziato Gesù di rendersi presente realmente nell’Eucaristia, attraverso l’ adorazione Eucaristica prima e dopo la Messa. Carlo affermava che il momento speciale per chiedere al Signore delle grazie è quello della Consacrazione, quando il Signore Gesù Cristo si offre al Padre. Egli spiegava “ Chi più di un Dio che si offre a Dio, può intercedere per noi?” Pregava: “Piaghe di Gesù, bocche di amore e di misericordia per noi, parlate di noi al Padre e otteneteci un’intima trasformazione”. Ogni volta che riceveva l’Eucaristia amava questa giaculatoria “Gesù, accomodati pure, fa come se fossi a casa tua!” Carlo seguì con grande attenzione le parole pronunciate da Benedetto XVI durante la Giornata mondiale della Gioventù nel 2005: “Dio celato nell’Ostia va contemplato con lo sguardo d’amore e in silenzio per mettersi all’ascolto del Salvatore. Per Carlo è la notte della contemplazione: adora, insieme a tutti i giovani e al Papa, l’Eucaristia . Impresse altre parole del Papa: “Lasciatevi attirare sempre dalla Santa Eucaristia; considerate come centro della vostra giornata di poterla celebrare in modo degno; conducete gli uomini sempre di nuovo all’eucaristia affinché a partire da essa portino la pace di Cristo nel mondo”. Tutti i suoi gesti e tratti caratteriali sono nutriti di Dio. Molti testimoni sopratutto delle mamme dicono che stare vicino a lui suscita pace e serenità, come stare accanto ad un Angelo. Le mamme invitano i loro bambini a pregare Carlo per essere protetti e buoni come lui. Negli ultimi giorni della sua breve vita Carlo parlava ancora più a lungo con Gesù, sottovoce, sentendo sempre più forte il richiamo di Dio, in quel “posto” che Gesù è andato a preparare e dove ci è stata promessa la felicità per sempre.


Maria Maddalena: il miracolo di essere chiamati per nome

Icona di Santa Maria Maddalena. Festa liturgica il 22 Luglio

L’onorato  titolo di “Apostola degli Apostoli” risalta la sua missione, di annunciare la risurrezione, al pari dell’ uffizio apostolico dei discepoli più fedeli a Gesù. PAPA FRANCESCO IL 3 GIUGNO 2016 ha istituito la festa liturgica di Maria Maddalena. Per aver seguito Gesù  fin dagli inizi della predicazione e per essere stata la prima testimone della Risurrezione, Maria di Magdala ha tutti i requisiti per essere considerata non solo “discepola”, ma “apostola”.

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Santa Monica

Nacque in Africa, nel 331. Sposò Patrizio, pagano, ambizioso, irascibile, infedele. Monica, dolce, benevola trovò il dialogo col marito nei momenti opportuni, con il suo “metodo” fatto di attesa, pazienza e preghiera. Lei si affida solo a Dio, per vincere le asprezze del marito e condurlo alla fede.La sua tenacia e sensibilità la elevano a patrona delle donne sposate, delle madri e delle vedove. Da giovane studiò e meditò la Bibbia. Cristiana, colta e libera, col cuore orientato ai tesori spirituali. Gli insegnamenti della Sacra Scrittura, la preghiera, l’assidua pratica dei sacramenti e il servizio nella comunità ecclesiale forgiarono la sua forte interiorità. Ebbe tre figli, il più grande dei quali fu Agostino. Li educò ai valori cristiani. La sua fede, i suoi continui ma silenziosi sacrifici, le sue preghiere tra le lacrime,furono coronati dalla conversione del marito e del figlio. Vedova a 39 anni, toccò a lei provvedere con amore smisurato alla famiglia. Fu mite perché vissuta in gran parte nell’ombra, ma anche una donna di una straordinaria forza d’animo. Agostino condusse a lungo una vita spregiudicata e sregolata. Monica non si arrese e continuò ad accompagnare il figlio con l’amore e la preghiera. Grazie a sant’Ambrogio, Agostino, adulto, abbracciò la fede cristiana e ricevette il battesimo. Da allora, tra madre e figlio, si svolsero colloqui spirituali di straordinaria intensità. A uno di questi è riconducibile la cosiddetta “estasi di Ostia”. Monica sente di aver raggiunto l’apice della sua vita e confessa al figlio: “Questa vita ormai non ha più nessuna attrattiva per me. Una sola speranza mi faceva desiderare di rimanere quaggiù: il vederti cristiano cattolico prima di morire. Il mio Dio mi ha soddisfatta ampiamente” Qualche giorno dopo Monica si ammalò e morì, il 27 Agosto del 387.  Dagli scritti di Sant’Agostino: “Ho bevuto il nome di Gesù insieme al latte materno”. E alla madre rivelò: “Mi hai generato due volte: alla vita e alla fede”.

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San Domenico Savio: il Santo Bambino plasmato da don Bosco

È patrono dei pueri cantores, nonché dei chierichetti, mansioni che svolse attivamente. Altrettanto nota è la sua protezione nei confronti delle gestanti, tramite il segno dell’“abitino”, in ricordo del miracolo con cui il santo salvò la vita di una sua sorellina che doveva nascere. Si celebra il 9 marzo.

Domenico nacque a Riva di Chieri (Torino), il 2 aprile 1842. Il padre era un fabbro, la mamma una sarta. Due anni dopo la famiglia si trasferì a Murialdo. Qui ricevette la prima Comunione nel 1849 e in tale occasione tracciò il suo progetto di vita che sintetizzò in quattro propositi precisi:

“Mi confesserò molto sovente e farò la Comunione tutte le volte che il confessore me ne darà il permesso.  Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non peccati”.

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Sant’Agata

È stata una giovane cristiana vissuta nel III secolo d. C., in Sicilia. Difese col martirio la fede. Si affidò in modo totalizzante all’amore di Gesù e consacrò a Dio, sin dalla tenera età, mente e cuore. Vittima della crudeltà degli uomini, usò sprezzanti parole nei confronti del suo carnefice: “Tiranno crudele! Non hai vergogna di torturare in una donna quello stesso seno da cui, bambino, hai ricevuto la vita?” E (lei) muoveva “con grande gioia al carcere come una sposa verso le nozze”. Santa “ausiliatrice”, la “Santuzza”, è oggi anche la protettrice delle madri e delle donne malate al seno. La sua festa è il 5 febbraio e le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania. Questa fanciulla nobile, bella, ricca e, come suggerisce il nome di origine greca, “buona”, fu chiesta in moglie dal potentissimo magistrato romano Quintiniano: la giovinetta, però, era innamorata di Gesù e in suo nome fece voto di castità. Il console romano, allora sottopose Agata a ogni genere di pressioni, morali e fisiche, alle quali Agata oppose un’inoppugnabile resistenza. Dei carnefici straziarono i suoi seni, come estrema umiliazione di una femminilità che non intendeva piegarsi: l’orrenda mutilazione subita dalla giovane, fu prontamente sanata da San Pietro, apparso ad Agata. La prigione e i carboni ardenti conclusero il suo martirio. Una Martire, dolce e dignitosa, mite e fiera della propria verginità consacrata a Cristo. Imitazione di Gesù nella purezza della vita, nell’esercizio delle più eroiche virtù, nell’offerta generosa del martirio.

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Santa Agnese, sposa tenera dell’Agnello

Si ricorda il suo martirio il 21 Gennaio. A Roma, c’è la chiesa di Santa Agnese fuori le mura, nota per la tomba della Santa e quella in piazza Navona, Santa Agnese in Agone, luogo in cui la Santa fu martirizzata ai tempi delle persecuzioni contro i cristiani tra il III e l’inizio del IV sec. d. C. sotto il regno dell’imperatore Diocleziano. Sant’Ambrogio racconta che Agnese, da sempre si sentì la sposa di un unico sposo, Gesù e che pur giovanissima, andò incontro al suo martirio pienamente consapevole. Dimostrò una lucida volontà di non macchiare la sua purezza, sposando un uomo e una solida fedeltà all’amore per Gesù. Scartò le logiche appartenenti all’epoca. Cristiana intrepida perché non si fece plasmare dalle mode, visse con gioia e serenità il Vangelo; non si fece intimorire dalle persecuzioni perseverando nella sua vocazione a costo della propria vita, proprio come l’Agnello che s’immola. Anche sotto le violente torture si affidò alla preghiera e ringraziò Dio del dono della salvezza, anche attraverso il passaggio dalla sofferenza. Con la preghiera sentì Dio vicino; la preghiera fu strumento per ottenere da Dio la forza di affrontare l’insormontabile punizione a lei afflitta dalla società del tempo. La piccola tredicenne romana rifiutò categoricamente la proposta di unirsi ad un giovane di nobile famiglia, dichiarando ben più nobili qualità dello sposo a cui si era promessa, Gesù. Denunciata, costretta a camminare nuda per la città, messa al rogo e infine anche sgozzata. Ci sono versioni differenti, sul genere di morte che ha subito la piccola Agnese. Il suo nome è diffuso nel  mondo ed è entrato nei canoni della Santa Messa. Nella liturgia della sua festa è prevista la benedizione di due agnelli con la cui lana si confezionano i sacri palii, le simboliche stole bianche destinate agli ecclesiastici. Santa Agnese è la patrona dei fidanzati e il simbolo della purezza. Stimata per la generosa scelta in risposta alla chiamata di Dio: la sua prima scelta fu  sempre Gesù.

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Santi Innocenti Martiri

Il 28 dicembre si ricordano i Santi Innocenti Martiri, i bambini che a Betlemme di Giuda, furono barbaramente trucidati dall’empio re Erode, affinché, insieme ad essi, morisse anche il bambino Gesù che i Magi avevano adorato.

«Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: un grido è stato udito in Rama, un pianto ed un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più» (Mt 2, 15-18).

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San Martino

Si festeggia l’11 novembre, giorno della Sua sepoltura.

Nel periodo che va dalla festa di San Michele al Natale, giunge la festa di San Martino che compie un gesto significativo: nella libertà, rinunciare ad una parte di sé per accogliere l’altro nello spirito di condivisione.

Martino da Tours nacque intorno al 317 da una nobile famiglia. Si convertì al cristianesimo da adolescente, dopo l’episodio del mantello; superando molte difficoltà si iscrisse tra i catecumeni per prepararsi al Battesimo;fu battezzato intorno ai vent’anni ma dovette ancora a lungo rimanere nell’esercito dove diede testimonianza di tolleranza comprensione rispetto e fraternità. Dopo vent’anni di carriera militare, divenne Vescovo di Tours nel 371.

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