Lo stile del volo

In questi giorni stavo riflettendo su quanto sia significativo che nella nostra Comunità Pastorale, la ripresa dell’anno sociale, sia segnata da ben due feste patronali. Questo fatto, oltre che a farci riflettere, ci da la possibilità di affidarci ai nostri santi patroni affinché possano condurci nell’Annuncio e nella Testimonianza del Vangelo in questo nuovo anno che comincia. Annunciare e Testimoniare il Vangelo può essere fatto fondamentalmente in due modi: in prima persona attraverso un incontro, oppure come Comunità attraverso dei gesti, un aspetto non esclude l’altro ma lo completa. Chi ci muove è il Signore, per questo è necessario mettersi all’ascolto della Sua Parola e lasciare che divenga la bussola che orienta il nostro agire. Non è infatti possibile Annunciare il Vangelo di Gesù senza la Testimonianza concreta della vita. Per essere credibile una Comunità deve necessariamente vivere nell’Amore reciproco, superando l’individualismo, a volte esasperato, che non ci fa accorgere di chi ci sta accanto. Una significativa immagine di Comunità è quella data da Jean Vanier che la definisce “luogo del perdono e della festa”. La Comunità infatti è luogo di incontro intorno al Signore, di comunicazione, di confronto, di accoglienza e di condivisione, in cui è possibile riconoscere la diversità dei talenti e delle storie personali, apprezzandone tanto la bellezza quanto il limite. È il luogo dove imparare a pregare vivendo l’accoglienza ed il servizio come stile di vita quotidiana, tramite la creazione di rapporti autentici tra le persone.

Per aiutarci a comprendere come questo sia possibile può esserci d’aiuto leggere ciò che gli studiosi hanno scoperto osservando le oche selvatiche che, in prossimità dell’inverno, volano verso sud in formazione di volo a V.

“Quando ciascun uccello sbatte le ali, crea una spinta dal basso verso l’alto per chi è subito dietro. Volando in formazione a V, tutto lo stormo aumenta l’autonomia di volo di almeno il 71 % rispetto ad un uccello che volasse da solo. Quando un’oca si stacca dalla formazione, avverte improvvisamente la resistenza aerodinamica e rapidamente si rimette in formazione per sfruttare la potenza di sollevamento dell’oca davanti. Quando la prima oca si stanca, si sposta lateralmente e un’altra oca prende il suo posto alla guida. Le oche gridano da dietro per incoraggiare quelle davanti a mantenere la velocità. Infine, quando un’oca si ammala o viene ferita da un colpo di fucile ed esce dalla formazione, altre due oche escono insieme a lei e la seguono giù per prestare aiuto e protezione; rimangono con l’oca caduta finché non è in grado di volare oppure finché muore”.

Se un forte senso comunitario rende così solidali le oche selvatiche, perché non dovrebbe essere così anche per noi, chiamati a lavorare insieme nella stessa casa-comunità? Per noi dovrebbe essere naturale “portare i pesi gli uni degli altri” per imitare Colui che è venuto per servire e non per farsi servire….